Memory by Nicci French

Memory by Nicci French

autore:Nicci French [French, Nicci]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:39:36+00:00


CAPITOLO 20

«Vuole cosa?»

«Vuole presentarsi alla cena di Natale con una troupe televisiva.»

«Ma è ridicolo. Tanto per cominciare, quale troupe televisiva accette-rebbe di lavorare a Natale?»

«La sua, suppongo. Sarà come il messaggio della regina al Commonwe-alth.»

«Jane, non avrai mica acconsentito?» Kim non strillava mai; ora stava strillando.

«Be’, è stato così difficile. Insomma, significa tanto per Paul, e ci ha già lavorato parecchio. E poi, se ho fatto trenta, penso di poter fare anche tren-tuno.»

«Credi davvero che Paul, Erica e, naturalmente, Rosie, dovrebbero arrivare a Natale con le telecamere accese e filmarti mentre cucini il tacchino?

Cristo, Jane, ci sarà anche tuo padre. E Robert e Jerome. E io con Andreas.»

«Non si fermeranno per tutto il giorno. Solo il tempo necessario per farsi un’idea della famiglia a Natale. Sloggeranno molto prima che ci sediamo a tavola.»

Dall’altro capo del telefono giunse un gorgoglio, e mi accorsi con sollievo, e con qualcosa di simile alla gioia, che Kim stava ridacchiando.

«Mi aiuterai, Kim? A superare anche questa, intendo?»

«Non devi nemmeno chiedermelo. Come devo vestirmi? Non sono mai stata in televisione prima d’ora. Sono le righe o i pois a essere vietati?»

«Ecco qui. Uno sherry secco e una tortina alle mele.»

Lo sherry era giallo chiaro, la tortina calda e speziata. Sedetti con attenzione sul sofà dai cuscini sprimacciati che pareva appena arrivato dai grandi magazzini. Mi sentivo un’estranea, un’ospite in visita di cortesia.

«È molto accogliente qui.»

La stanza era impeccabile, come uno spazio destinato a essere fotografa-to per un inserto a colori. Sei piccole stampe pendevano dalle pareti avo-rio. Un tappeto quadrato giaceva esattamente al centro del pavimento di legno. Ai lati del divano nuovo erano collocate due poltrone nuove. Un libro sulle chiese normanne e una copia ripiegata del «Guardian» erano posati sul tavolino. Un cactus fioriva rigoglioso sul vecchio pianoforte, appena lucidato. Nell’angolo, su un pratico sostegno rialzato, un alberello di Natale scintillava di luci bianche. Dal punto in cui sedevo, tenendo con delicatezza lo sherry e la tortina, vedevo una cucina così immacolata che mi domandai se Claud vi avesse mai preparato un pasto.

«Sì, sono molto soddisfatto. L’ho arredato secondo il mio personale gusto.»

Ci sorridemmo nervosamente nel locale ordinato. Ripensai alla confusione della mia cucina: grandi ciotole di mandarini mollicci, pile di bollette e corrispondenza inevasa, liste che avevo scritto e non avevo mai consultato, piatti rotti che mi ripromettevo di aggiustare da giorni, ninnoli natalizi con cui intendevo ornare le grondaie ma che non avevo ancora avuto il tempo di appendere, un mazzo di vischio infilato tra le tazze della credenza (non avevo avuto il coraggio di sbarazzarmene benché mi riempisse di nostalgia), giunchiglie ficcate nei vasi e sparse per la stanza in caotiche esplosioni di giallo, schizzi architettonici che avevo iniziato e poi abbandonato, fotografie che non avevo ancora inserito nell’album, decine di libri, varie ricette ritagliate dalle riviste e mai archiviate, una bottiglia di vino mezza piena. E naturalmente, un abete rosso che perdeva gli aghi e le cui decorazioni, omaggio dei ragazzi, sembravano essere state gettate sui rami da mani ubriache.



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